Vaccino autologo con cellule dendritiche DC-Vax-L per il glioblastoma
Sono appena stati rilasciati i risultati della sperimentazione clinica di fase 3 per il vaccino autologo con cellule dendritiche DCVax®-L e i risultati sono molto incoraggianti. Per questo ho deciso di non attendere e scrivere subito un articolo in merito. Dalla scheda della sperimentazione clinica sembra che abbiano partecipato alla ricerca diversi centri in US, Canada, UK e Germania ma so per certo che vi sono in corso sperimentazioni simili in Italia.
Ma veniamo subito ai risultati. Tanto per riassumere come sappiamo il glioblastoma è un tumore particolarmente difficile ed è il più comune e letale dei tumori cerebrali: è aggressivo, freddo dal punto di vista immunologico, estremamente eterogeneo, invasivo e difficile da asportare completamente, ha un tasso di ricorrenza vicino al 100% e lo standard di cura consiste in chirurgia (se possibile) più 6 settimane di chemioterapia e radioterapia concomitanti più una chemioterapia di mantenimento per quanto possibile. La sopravvivenza media per le nuove diagnosi è di 15-17 mesi dalla chirurgia (diagnosi) e il tempo medio per una prima ricorrenza è di 7-8 mesi dalla chirurgia (diagnosi) con una sopravvivenza media dalla ricorrenza di circa 8 mesi. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni è inferiore al 5%.
Vi sono state molte sperimentazioni cliniche ma altrettanti fallimenti. In particolare dal 2005 al 2016 ci sono state 417 sperimentazioni cliniche che hanno coinvolto quasi 32000 pazienti. Solo 16 sperimentazioni cliniche di fase 3 con solo una con esito positivo (dispositivo Optune). Altre sperimentazioni cliniche hanno tutte fallite hanno coinvolto inibitori di checkpoint, CAR-T, vaccini peptidici, vaccini con cellule dendritiche, terapia genetica. La ragione è certamente attribuibile alla notevole eterogeneità del glioblastoma (che fino a qualche tempo fa si chiamava non a caso multiforme) e al fatto che risiede nell’organo più delicato, protetto dalla membrana amato-encefalica che rende difficile il passaggio di molti farmaci.
Ora in questa sperimentazione clinica, il trattamento consiste in cellule dendritiche autologhe (DC) pulsate con lisato tumorale autologo (DCVax®-L) somministrato attraverso iniezioni intradermiche nel braccio. Lo studio è randomizzato in doppio cieco con crossover e ha coinvolto 331 pazienti, 94 siti di sperimentazione in 4 paesi (una delle più grandi sperimentazioni di una terapia cellulare personalizzata). La sperimentazione è iniziata nel 2007 poi sospesa dal 2008 al 2011 per motivi economici. Il 92% dei pazienti sono stati arruolati dal 2012 al 2015. Il Follow-up di sopravvivenza a lungo termine ha permesso di determinare la coda di sopravvivenza. Il programma di trattamento prevede 3 trattamenti nel primo mese (giorni 0, 10, 20), 3 trattamenti di richiamo nei mesi 2, 4, 8 e trattamenti 2 volte all’anno per il mantenimento.
I risultati complessivi riportano che l’endpoint primario è stato soddisfatto (mOS in nGBM) con significatività statistica così come l’endpoint secondario (mOS in rGBM), con significatività statistica con un ottimo profilo di sicurezza: su 2.193 dosi di DCVax®-L somministrate solo 5 gli eventi avversi possibilmente correlati.
In particolare per nGBM (GBM di nuova diagnosi):
- mOS (sopravvivenza mediana): 19,3 mesi (22,4 mesi dall’intervento chirurgico) rispetto a 16,5 mesi del braccio di controllo.
- mMGMT (glioblastoma metilato) mOS: 30,2 mesi (33 mesi dall’intervento chirurgico) rispetto ai 21,3 mesi del braccio di controllo.
- Tasso di sopravvivenza a 5 anni: 13% rispetto ai 5,7%.
Per i rGBM (GMB ricorrenti):
- mOS: 13,2 mesi rispetto ai 7,8 mesi dalla ricorrenza.
- Sopravvivenza a lungo termine: 20,7% rispetto a 9,6% a 24 mesi dopo la recidiva e 11,1% rispetto ai 5,1% a 30 mesi dopo la recidiva.
In pratica è il primo studio di Fase 3 di un trattamento sistemico in 17 anni che mostra una significativa estensione di mOS in nGBM e il primo studio di Fase 3 di qualsiasi tipo di trattamento in 27 anni che mostra un’estensione significativa di mOS in rGBM. Uno dei primi se non il primo studio di Fase 3 a mostrare aumenti significativi nella sopravvivenza a lungo termine sia per nGBM che per rGBM.
Inoltre il DCVax-L è adatto ad abbinamenti con un’ampia gamma di altri trattamenti (inibitori del checkpoint, virus oncolitici, citochine, chemio, ecc.). Quando un paziente con DCVax-L ha una o più recidive, è possibile creare nuovi lotti di DCVax-L. Il DCVax-L può essere somministrato nei principali centri oncologici.
La percentuale significativa di sopravvissuti a lungo termine, coerente con un effetto sulla memoria immunitaria da parte dei linfociti T, potenzialmente modifica la storia naturale del GBM da una malattia uniformemente fatale a una malattia cronica e gestibile.
Sottopopolazioni specifiche mostrano un vantaggio imprevisto tra cui i pazienti più anziani e i pazienti con promotore MGMT metilato.
L’uso di cellule dendritiche consente la terapia combinata utilizzando altri approcci come il blocco delle citochine immunosoppressive, le cellule CAR-T, la terapia oncolitica virale, la terapia del campo elettrico, i vaccini a DNA, ecc. perchè sono sempre più convinto che per sconfiggere definitivamente il glioblastoma sarà necessaria una terapia combinata e un cocktail di trattamenti.
Buongiorno Roberto, grazie innanzitutto per il tuo continuo aiuto, non ci abbandoni mai. Il tuo sostegno è il tuo impegno per i nostri guerrieri è fondamentale. Volevo sapere se in Italia qualche centro segue questa sperimentazione, e dove rivolgerci per entrare a far parte di questa sperimentazione. E se soprattutto sono accetti casi con gbm non metilato. Grazie di tutto
Ciao, ho inserito il link all’articolo che parla dei centri italiani … seleziona il link. Nella sperimentazione che ho descritto sono stati arruolati anche i pazienti con GBM non mitilato che hanno avuto miglioramenti ma in misura minore degli anziani e dei pazienti con GBM con MGMT metilato.
Buongiorno a tutti.
Seguo e seguiamo questo sito come riferimento in primis, da gennaio del 2021.
Avrei voluto scrivere ben altro e più in là ma mi vedo costretto, sulla scorta di quest’ultimo aggiornamento, a farlo subito.
Per gli sfortunati colpiti da tale maledetta patologia, per evitare in primis perdite di tempo, importantissima nel caso di specie e dispendio di risorse economiche, consiglio di evitare recarvi nell’ospedale cui fa riferimento il link (l’autore in buona fede lo ha inserito ma sicuramente ne è all’oscuro) in quanto è una mezza verità. In modo molto riduttivo, il paziente deve necessariamente essersi operato presso tale struttura e deve aver necessariamente effettuato radio e chemio. Già di per sé non ha senso ma ancora di più è che ciò non viene menzionato in nessun modo né sul loro sito web, né telefonicamente, e nemmeno nella documentazione richiesta al paziente interpellante la struttura per l’inserimento in tale sperimentazione.
Grazie Raffaele, sono tutte informazioni utili. Come scrivo nell’articolo non so se la metodologia sia la stessa citata nell’articolo. So per certo che nessun ospedale Italiano e’ citato nella sperimentazione clinica di cui riporto i risultati.
Difatti non lo è. Trattasi di una sperimentazione autonoma di tale struttura ove viene riferito al paziente che richieda di entrare a farne parte che Il vaccino propagandato (perché di propaganda trattasi) non prescinde dal protocollo standard.
Per cui vi possono partecipare (requisiti permettendo) solo chi si è in precedenza sottoposto a radioterapia e chemioterapia dopo ovviamente l’intervento chirurgico (nei casi operabili). Peccato ciò viene riferito al paziente solo nel momento in cui lo stesso si reca in sede per la prima visita oncologica. Ad esempio, niente radio? Niente vaccino.
Dimenticavo: ovviamente solo in caso di intervento chirurgico eseguito presso la loro struttura. La giustificazione di tale requisito vige (a loro dire) che in mancanza di materiale biologico prelevato durante l’intervento, non è possibile partecipare alla sperimentazione e di conseguenza viene meno la possibilità di ottenere tale vaccino, anche presentando l’esito dei vetrini effettuato presso altre strutture.
Caro Raffaele, parli da persona ferita. Vediamo se riesco tuttavia a fornirti un diverso punto di vista sulla questione. La sperimentazione clinica viene definita in modo oggettivo. Vengono definite delle regole. E’ probabile che regole simili siano attive anche nella sperimentazione di cui parlo nell’articolo. La ragione che richiedano che l’operazione chirurgica sia stata eseguita li è comprensibile perchè evidentemente se il campione non è fresco si danneggia. I vetrini di cui parli normalmente conservano il campione in paraffina che in ogni caso danneggia alcuni aspetti che probabilmente sono essenziale alla creazione del vaccino secondo il metodo adottato da quell’ospedale. Infine spesso le sperimentazioni sono di seconda linea il che significa che il protocollo STUPP deve essere fallito per potere applicare la seconda linea di terapia. Credo comunque sia apprezzabile che si faccia ricerca anche nei nostri ospedali. Se hai piacere chiama pure per un confronto diretto sull’argomento.
Cari Raffaele e Roberto,
se può essere utile invio le coordinarte della compagnia farmaceutica che produce il vaccino.
Sapranno dire, ne sono certa, sove sono in corso le sperimentazioni aperte,
Dave Innes 804-513-4758 dinnes@nwbio.com
Les Goldman 240-234-0059 lgoldman@nwbio.com
https://mma.prnewswire.com/media/325355/northwest_biotherapeutics__inc__logo.jpg
Credo che, comunque, Roberto abbia ragione. Si accede al vaccino solo in previsione dell’intervento per permettere l’acquisizione di cellule autologhe.
Saluti
Maria Rosaria
Anche a me hanno detto la stessa cosa, cioè si accede al vaccino solo in previsione dell’intervento
Grazie alla signora Maria Rosaria.
Caro Sig. Roberto, nonostante sto scrivendo con le pochissime lacrime rimaste e con uno stato psicofisico che solo lei e chi segue questo sito può appieno comprendere, la ringrazio della dettagliata spiegazione. Certo, concordo ma sino a un certo punto.
Quindi, se non ho capito male, chi è già stato operato in passato, con la conseguente recidiva, non potrà mai ambire ad ottenere tale vaccino. E allora perché non viene detto questo al paziente? Perché l’Ospedale nel richiedere la documentazione al paziente già operato presso altra struttura, dopo averla visionata, fissa la prenotazione per la visita oncologica e solo in quel momento in sede, gli viene riferito di non poter rientrare nella sperimentazione in quanto operato precedentemente presso altra struttura? E cosa c’entra il vaccino con la radioterapia? Il protocollo prevede (pur notoriamente non risolutivo) intervento (quando possibile), radioterapia e chemio. Se il paziente non ha optato per la radioterapia (che come noto non solo non risolutiva ma con un sicuro alto grado di gravi effetti collaterali) gli si nega (per abbreviare) il vaccino? La problematica è più articolata ma sarebbe troppo lunga da descrivere e non vorrei annoiare nessuno.
Caro Raffaele, hai ragione conosco lo stato d’animo. Non so rispondere a tutte le tue domande, ti dico solo che la differenza nella nostra vita la fa come affrontiamo gli eventi anche tristi e inspiegabili che ci capitano. La sperimentazione avrà le sue regole e magari avrebbero potuto spiegartele quando hai iniziato a discutere con il centro … tuttavia tieni presente che non è detto che il vaccino avrebbe funzionato. Te lo dico perchè Emanuele ha fatto un vaccino autologo con cellule dendritiche a Colonia, quando era considerato la cosa più avanzata … e anche io mi ero illuso che avrebbe funzionato, ma non credo abbia avuto il minimo effetto o meglio ha sicuramente avuto l’effetto di mantenere viva la speranza ancora per un po’ …. ma l’esito sarebbe stato lo stesso. Un abbraccio
Grazie. Mia figlia si chiama Manuela e non riuscirà a compiere i 33 anni a Luglio. Lascierà una bambina di 5 anni oltre che suo marito. E noi…
Caro Raffaele come ti capisco, io ho perso lo scorso aprile mia figlia di 32 anni dopo due anni della stessa malattia! Ti auguro con tutto il cuore ogni bene. Stefania