Qualche Informazione in più sull’Immunoterapia e il Glioblastoma
In attesa del prossimo numero sulle novità della ricerca in questo bimestre e considerato che si sente sempre più spesso parlare di immunoterapia, di vaccini e molte delle nuove sperimentazioni cliniche stanno provando questo approccio, ho pensato di accogliere la richiesta di tutti quelli che mi chiedono di fornire qualche informazione sull’argomento in modo da capire meglio come funziona. Sappiamo anche che in generale in glioblastoma è considerato un tumore freddo e quindi molti degli approcci basati sull’immunoterapia fino ad ora provati non hanno portato a risultati significativi. Si stanno ottenendo ora risultati migliori utilizzando approcci combinati che mirano a trasformare il glioblastoma da tumore freddo a tumore caldo e quindi più adatto a questo approccio.
Ora come sapete io non sono un esperto e quindi sarò ben lieto di ricevere commenti mirati a chiarire meglio e a perfezionare alcune eventuali mie imprecisioni.
I linfociti (cellule B, cellule T) appartengono al braccio adattativo del sistema immunitario. Il resto delle cellule immunitarie appartiene al braccio innato.
Le cellule T citotossiche (CTL) uccidono le cellule danneggiate e anormali, mentre le cellule B producono anticorpi che si legano ai loro bersagli come cellule, virus, batteri e proteine estranee. Gli anticorpi legati ai loro bersagli inducono l’eliminazione del bersaglio. Entrambi i tipi di linfociti sono molto importanti. Gli anticorpi attaccano direttamente le particelle estranee come i virus, mentre i linfociti T possono eliminare solo altre cellule come le cellule tumorali o le cellule infette, ma non possono attaccare direttamente virus, batteri o proteine estranee.
I macrofagi e le cellule dendritiche sono membri del braccio innato. Sono i primi soccorritori, inghiottono le particelle estranee e le digeriscono. Rendono visibili pezzi più piccoli di particelle estranee chiamate antigeni alle altre cellule del sistema immunitario. La presentazione dell’antigene si verifica nei linfonodi.
Le cellule B e T hanno rispettivamente recettori BCR e TCR. Le cellule B e T aspettando nei linfonodi la presentazione dell’antigene. Ogni cellula B e T dispone di BCR o TCR unici sulla superficie che gli consentono di riconoscere particolari antigeni (affini).
Quei linfociti B e T che trovassero antigeni affini vengono attivati. Lasciano i linfonodi e circolano nel sangue per trovare cellule che mostrano questi antigeni. Quando una cellula T trova cellule cancerose che mostrano il suo antigene affine, prolifera per formare un esercito di cellule T e tutte insieme attaccano il tumore.
I tumori e in particolare il glioblastoma rispondono proteggendosi. Quindi provocano l’espressione di marcatori che inattivano i linfociti T citotossici. I nuovi farmaci immunoterapici cercano di prevenire l’inattivazione.
Il marcatore più importante dei linfociti T è il PD-1. È solo una molecola proteica della superfamiglia delle immunoglobuline. Quando una cellula T citotossica uccide dozzine di cellule tumorali, esprime il marcatore PD-1. Questo marcatore significa che la cellula T è attivata e che è esaurita. Non può più uccidere le cellule. Si tratta di un meccanismo per tenere sotto controllo le cellule T. Altrimenti queste potrebbero uccidere molte più cellule. Ma il tumore reagisce. Provoca l’espressione di PD-L1 che è il ligando del PD-1. Il ligando si lega al PD-1 e inattiva la cellula T. Farmaci come il Keytruda rimuovono il ligando dal PD-1. Viene quindi ripristinata l’attività dei linfociti T che possono così continuare a uccidere le cellule tumorali.
Ora perché l’immunoterapia non funziona per molti tumori come il gliobalstoma? La ragione va cercata nel microambiente che creano attorno a loro le cellule del glioblastoma.
In generale, se le cellule tumorali non sono molto diverse dalle cellule normali, il sistema immunitario non è in grado di riconoscerle. Più mutazioni in sono presenti in una cellula cancerosa, che la rendono diversa da una cellula normale, migliore è la risposta immunitaria. Vogliamo che le cellule T citotossiche riconoscano il tumore e si infiltrino in esso e inizino a uccidere le cellule tumorali e quando il tumore esprime il PD-L1 utilizzeremo sistemi che consentano all’immunoterapia di riattivare le cellule T citotossiche.
Spero di avere fornito in questa breve nota delle informazioni che vi risultino utili. Chiaramente il vantaggio dell’immunoterapia sta nella sua naturalità, nella sua focalizzazione sulle cellule obiettivo che ha in generale la conseguenza di non produrre gli effetti collaterali di una chemioterapia tradizionale.
Caro Roberto,
è molto interessante. Naturalmemte l’idea e’ formidabile. Tuttavia, data la scarsità dell’efficacia e il periodo di follow up molto ristretto (la media della sopravvivenza per il glioblastoma, come sappiamo, e’ scarsa), questa cura in Italia, che io sappia, e’ molto poco praticata.
Credo che le sperimentazioni siano pochissime e che i neuroncologi mediamente non la prendano in pressoché nessuna considerazione. Sinceramente, non saprei dire se a ragione o a torto.
Certo perché se così fosse non potrebbero più mangiare con le altre cure inutili ed inefficaci sulla pelle dei malati! Che schifo
Caro GianFederico, mi dispiace che scrivi queste cose. Il glioblastoma è considerato il tumore peggiore e per tante ragioni che trovi spiegate in questo sito. Ci sono centinaia di ricercatori che cercano di trovare qualche soluzione. Ma la soluzione facile non c’è ed ogni caso è diverso. Credimi, conosco il mondo della ricerca e se ci fosse qualche facile soluzione verrebbe subito a galla e diventerebbe presto il nuovo standard di cura. Il glioblastoma poi è anche una malattia rara che non è il tipo di malattie su cui le case farmaceutiche fanno margini.
In quale ospedale viene praticata questa cura?
Per ora ci sono sperimentazioni cliniche. Diversi sono gli approcci. Uno è il DCVax-L, l’altro il SurViVaxM e poi ci sono diversi approcci di vaccini con cellule dendritiche.