Mia Mamma Era Una Donna Meravigliosa

Come sapete Maggio è il mese di “Awareness” sui tumori cerebrali. Significa che e’ il mese in cui si cerca di rendere evidente all’opinione pubblica e ai decisori politici che il “glioblastoma” e’ si una malattia rara ma e’ anche il tumore su cui concentrare tutti gli sforzi della ricerca perchè le sfide che presenta, una volta superate potranno dare risposta in cascata anche a tutti gli altri tumori che continuano ad affliggerci e a migliorare in modo sensibile l’aspettativa di vita di tutti. Stavo quindi pensando a cosa scrivere per favorire questa consapevolezza (traduzione in Italiano di “Awareness”) e ricevo un email da Roberto (si un’altro Roberto) che è anche lui un informatico (come me) e che racconta la storia della sua mamma. La storia e’ di tanto tempo fa. E ahimè le cose non sono cambiate di molto almeno in termini di probabilità di guarigione. Ho quindi deciso che era un segno e la riporto qui in forma integrale.

Quando ti fermano dopo 20 anni le persone per strada e ci tengono a dirtelo, deve essere vero.
Mi ha avuto a 40 anni la mia mamma, dopo 15 anni di tentativi. Mi mostrava dalla vetrina del suo negozio come se fossi un bellissimo trofeo in una culla. Era il mio papà quello ‘malato’. Da bambino sapevo che non ci sarebbe stato a lungo. Eppure dopo che mia madre è volata via, è rimasto con noi per altri 5 bellissimi anni.

Avevo appena iniziato a lavorare. Faccio il web designer. Non sapeva neanche di cosa si trattasse, ma era felice. Ci era appena arrivato un arretrato di pensioni di invalidità di mio padre. Una cifra che a riguardarla oggi è una cifra normale, ma per come stavamo messi male, era enorme. Rosa è felice, ma non troppo. Stranissimo, penso io. Sarà stanca. Un giorno vado a lavorare. Ricordo ancora come ero vestito. Lei mi portava il cambio in stanza, era così carina.

Richiama mia sorella, verso le 12. ‘Mamma non sta bene, parla confuso’.’Chiama il medico di base’. Corro a casa, alla velocità della luce. Sta male, chiama ‘la madonna’. Quella che pregava con quella sua fede di donna degli anni 40, dove la madonna era più importante di Dio stesso. Corsa in ambulanza, io con l’auto dietro. Papà e sorellina a casa. Arrivo e non la vedo. Un medico mi dice ‘sua madre ha un brutto tumore al cervello’. Cado (su una sedia a rotelle, per fortuna).

So usare internet, purtroppo. Quindi entro in una stanza di un medico, e leggo quel nome che è il dominio del sito sul quale mi state leggendo. Ricordo ancora. Il sito dell’università di Udine. E chi se lo scorda. All’epoca non si parlava di tipologie, di interventi. Agosto 2003.

A Bari mi dicono ‘non deve fare nulla, al massimo la biopsia’. Per fortuna, un professore nostro vecchio amico di famiglia mi URLA in dialetto ‘vattene da qui’. Dopo pochi giorni siamo al Besta, a Milano. Operazione fattibile, ci vediamo tra una settimana. E di nuovo dopo una settimana li. La brutta emozione di dormire con la mia mamma in un hotel a una stella che le metteva ansia (e ne trovai uno a 3, immediatamente). Lei era stanca, ma io le stavo accanto.

Il giorno dopo la ricoverano. Le 6 ore ‘standard’, poi vado a trovarla in intensiva. Mi chiamavano e dicevo a tutti che era durato solo due ore, che non c’era da preoccuparsi. Io a 21 anni, da solo in una città enorme. Con me, il mio amico, il mio fratello, Teodoro, che non mi ha mai lasciato da solo. E le parole di conforto di persone che anni dopo ho scoperto essere luminari. Ma non in visita, In giro nei corridoi. Mai rivista una struttura tanto umana ed eccellente come il Besta.

La verità la sapevamo solo io e internet. Passano 5 mesi, 3 cicli di chemio e una di radio. A gennaio si era riformato tutto quanto. Mamma è volata via un venerdì sera, alle 20. Stava male da due giorni, praticamente non si muoveva dal letto. Ma quel venerdì sera, quando mia sorella mi chiamò, sono riuscito a tornare a casa. Ha sentito il citofono. Non so con quali forze (le ultime) si è messa da sola seduta sul letto. Ed è volata via. Ufficialmente per piastrinopenia estrema, la citotossicità delle cure (cisplatino, a memoria).

Ma io l’ho fregata. Perchè ho preso un pezzettino della sua anima, e l’ho nascosta e chiusa a chiave nel mio cuore. E oggi, quando osservo la bambina che è nata 15 anni dopo la sua morte, che si chiama come lei, ho la certezza matematica di averle trasferito un pezzettino di quell’anima, che mi guarda attraverso due occhi che stanno imparando a vivere ora.

Siate forti. Per ogni ombra che state attraversando, ci sarà una luce 1000 volte più forte.

E su questa terra, non ‘dopo’. Tranquilli.”

Spero che la lettura di questa storia stupenda vi sia piaciuta e in qualche modo vi sia stata di conforto. E, mi raccomando continuiamo tutti insieme a diffondere l’Awareness, la consapevolezza sul glioblastoma e gli altri tumori cerebrali.