La Storia di Carolyn
Era il settembre 2012 quando ho avuto un primo attacco epilettico. Durante la pausa pranzo al lavoro stavo parlando con il mio collega quando ho iniziato a sentirmi strana. Era come se i miei occhi si incrociassero. Poi mi sono risvegliata sdraiata sul pavimento con un medico che mi faceva delle domande. Il mio collega mi stava guardando spaventato. Avevo 35 anni, madre di due bambine e in buona salute.
Ho trascorso diversi giorni nel vicino ospedale. Una risonanza magnetica e una biopsia hanno rivelato che era presente un glioblastoma di grado 4 nel mio lobo parietale sinistro. Assieme ai famigliari e agli amici abbiamo fatto delle ricerche e alla fine abbiamo deciso di andare al centro medico Johns Hopkins, quello della John Hopkins University che da diversi mesi fornisce i dati sulla pandemia a tutto il mondo. Li si sono meravigliati per il fatto che non fossi stata operata d’urgenza perché a loro dire, un tumore di quelle dimensioni dovrebbe essere rimosso immediatamente, indipendentemente dal suo grado.
Sono stata operata con l’obiettivo di rimuovere la maggior parte del tumore e il chirurgo ha inserito un Gliadel Wafer nella cavità tumorale. Dopo l’intervento chirurgico, ho completato un trattamento standard con radioterapia per quattro settimane e Temozolomide. Dopo la radioterapia, ho continuato con il Temozolomide e ho proseguito il monitoraggio con risonanze magnetiche ogni due mesi.
A sette mesi dalla diagnosi, mi ero ripresa abbastanza bene da riuscire a fare anche delle lunghe camminate. Tuttavia, durante l’estate il Temozolomide mi faceva sentire più debole e la risonanza indicò che c’era una ricorrenza nello stesso sito tumorale. Al momento della diagnosi iniziale erano stati eseguiti test che indicavano che il profilo genetico del mio tumore era tale da non rispondere bene al Temozolomide, ma non mi aspettavo una ricorrenza in così poco tempo. Nell’autunno del 2013, io e i miei famigliari abbiamo iniziato a cercare sperimentazioni cliniche disponibili su clinicaltrials.gov. Dopo un paio di tentativi falliti sono stata ammessa allo studio clinico di UCLA che prevedeva l’utilizzo di immunoterapia con cellule T modificate.
Io e mio marito siamo volati a Los Angeles e ho subito un secondo intervento chirurgico. Il mio intervento chirurgico ha comportato la rimozione del tumore e l’inserimento di una porta attraverso cui somministrare la terapia direttamente nel sito tumorale. Dal mio glioblastoma sono state selezionate alcune cellule che sono state utilizzate per addestrare le mie cellule T ed altre fornite da donatori a riconoscere ed attaccare il mio glioblastoma. Le cellule T addestrate dovevano essere inserite attraverso la porta che era stata impiantata durante l’intervento chirurgico. Il piano era di effettuare gli inserimenti dei linfociti T durante trattamenti bimestrali. Ogni trattamento prevedeva due inserzioni di cellule T a una settimana di distanza.
Sono quindi ritornata a casa ad attendere il primo trattamento a gennaio 2014. Dopo l’intervento intanto avevo perso la vista dall’occhio destro. Avevo una modesta febbre, ma comunque ero pronta a combattere. Dopo la prima iniezione di linfociti, la febbre è diventata molto alta. Ho avuto una meningite causata dal rigetto della porta che mi era stata impiantata. Ho subito un altro intervento chirurgico per rimuovere la porta. Durante l’intervento, i medici hanno deciso di posizionare i linfociti T modificati direttamente sul sito tumorale.
Sono stata ricoverata in terapia intensiva e sono stata sottoposta a un trattamento a base di antibiotici e dopo diverse settimane sono fortunatamente guarita dalla meningite. Mi hanno tuttavia comunicato che non potevo continuare la sperimentazione clinica. La mia risonanza magnetica tuttavia non mostrava segni della presenza del tumore. Mi hanno quindi suggerito di ritornare a casa e aspettare. Ho aspettato 6 anni e ad oggi le mie risonanze magnetiche sono pulite. Ho ancora qualche attacco epilettico che tuttavia controllo con i farmaci, non ho recuperato la vista all’occhio destro, ho dovuto lasciare il mio lavoro di ingegnere meccanico ma mi ritengo fortunata. Sono una mamma casalinga e mi godo la vita con la mia famiglia, gli amici e le mie figlie.