Una Revisione Ristematica delle Terapie per il Trattamento del Glioblastoma

13 Settembre 2024 0 di Roberto Pugliese (Admin)

Sappiamo che il glioblastoma (GBM) è il tumore cerebrale primario più comune e aggressivo negli adulti, con prognosi sfavorevole e trattamenti standard (chirurgia, chemioterapia, radioterapia) di efficacia limitata. Nuove terapie mirano a ridurre il tasso di recidiva e migliorare i risultati, concentrandosi su cellule staminali del GBM, barriera emato-encefalica e tecniche avanzate di somministrazione di farmaci. Questo articolo presenta una revisione sistematica della letteratura tratta dal seguente lavoro: Approaches in Adult Glioblastoma Treatment pubblicato a fine agosto 2024. L’articolo presenta dei termini tecnici e non è di facile lettura tuttavia, potete utilizzare le informazioni per discutere con il team di specialisti che segue il vostro caso proponendo approfondimenti sulle terapie innovative citate in questo articolo.

Il glioblastoma è caratterizzato da complessi cambiamenti genetici che influenzano la proliferazione cellulare, la sopravvivenza, l’invasione del tessuto sano e la resistenza all’apoptosi (processo naturale che porta alla morte programmata delle cellule). Le nuove strategie terapeutiche puntano a migliorare la prognosi, includendo l’immunoterapia, il targeting delle cellule staminali del glioblastoma (GSCs), la ricerca sulla barriera emato-encefalica (BBB) e sistemi avanzati di somministrazione dei farmaci. I tumor treating fields (TTFs), utilizzati insieme a radio e chemioterapia, hanno mostrato un aumento della sopravvivenza media da 16 a 20,9 mesi. Altre terapie innovative, come i vaccini terapeutici e l’uso di cellule staminali, sono in fase di sperimentazione. Nonostante i progressi, il glioblastoma resta difficile da trattare, con una sopravvivenza media di circa 15 mesi e solo il 5,5% dei pazienti che sopravvive oltre cinque anni.I progressi nella comprensione molecolare del glioblastoma hanno permesso una caratterizzazione più precisa del microambiente tumorale, evidenziando l’eterogeneità intratumorale e intertumorale. Questa diversità riduce l’efficacia delle terapie convenzionali, specialmente nei tumori ricorrenti, che spesso presentano profili molecolari differenti rispetto alla diagnosi iniziale. Inoltre, il glioblastoma è protetto dalla BBB, che limita l’efficacia dei farmaci. L’uso di virus oncolitici e la re-irradiazione rappresentano altri approcci promettenti per i tumori recidivanti, sebbene l’efficacia e la tossicità debbano ancora essere chiaramente valutate. Le terapie emergenti mirano a superare le limitazioni attuali, ma richiedono ulteriori studi clinici per validarne l’efficacia e migliorare i risultati per i pazienti con GBM. La revisione sistematica che presento ha seguito le linee guida PRISMA per l’organizzazione e la presentazione dei risultati. È stata condotta una ricerca elettronica su diverse banche dati, tra cui PubMed, Embase, Scopus, Web of Science e Cochrane, per il periodo da gennaio 2019 a maggio 2024. I criteri di inclusione comprendevano studi su terapie emergenti per il trattamento del glioblastoma negli adulti, pubblicati in inglese, con studi sperimentali e osservazionali. Sono stati esclusi studi non umani, pediatrici, articoli non peer-reviewed, revisioni sistematiche e abstract di conferenze. Sono stati identificati 755 articoli, successivamente ridotti a 421 dopo la rimozione dei duplicati. Dopo la valutazione dei titoli e degli abstract, sono rimasti 72 articoli, di cui solo 47 avevano i testi completi disponibili. Alla fine, 24 articoli sono stati inclusi nella revisione. La valutazione degli articoli è stata condotta da due revisori indipendenti, con un terzo coinvolto in caso di disaccordo. La qualità degli articoli è stata valutata utilizzando gli strumenti di valutazione della Joanna Briggs Institute (JBI). Gli articoli sono stati classificati in base a un rischio di bias basso, moderato o alto. La maggior parte degli studi ha ottenuto punteggi elevati, con pochi articoli che hanno mostrato limitazioni significative. In estrema sintesi la revisione è stata molto rigorosa per capire veramente cosa c’è di nuovo. Di seguito descriviamo una breve descrizione delle terapie più innovative che emergono.

Antagonista di N-caderina
Un nuovo approccio per il trattamento del GBM utilizza l’antagonista della N-caderina, il Composto 15, che ha mostrato una significativa efficacia nei modelli preclinici. La N-caderina è una proteina coinvolta nei meccanismi di adesione cellula-cellula, particolarmente importante per la crescita e la diffusione dei tumori. Nei tumori come il GBM, queste proteine aiutano le cellule tumorali a mantenersi connesse tra loro, facilitando la formazione di masse tumorali (sferoidi) e la loro capacità di invadere i tessuti circostanti. Il Composto 15 è stato sviluppato come antagonista della N-caderina, cioè blocca questa proteina, interrompendo l’adesione tra le cellule tumorali. Questo disgrega fisicamente le cellule tumorali, rendendole più vulnerabili ai trattamenti e ostacolando la formazione di nuove masse tumorali. A una concentrazione di 5 mM, la vitalità delle cellule trattate è scesa dall’82,6% al 16,8% nell’arco di 30 giorni. In sintesi, l’antagonismo della N-caderina impedisce alle cellule tumorali di rimanere unite, rendendole più facili da distruggere e prevenendo la formazione di nuovi tumori.

Terapie mirate alle cellule staminali del glioblastoma (GSCs)
Le cellule staminali del glioblastoma (GSCs) sono note per essere responsabili della recidiva tumorale e della resistenza ai trattamenti standard. Queste cellule mostrano resistenza a diversi farmaci, tra cui il cisplatino e l’etoposide. Il tamoxifene ha dimostrato un’attività citotossica significativa contro queste cellule, suggerendo che le terapie mirate alle GSCs potrebbero offrire una nuova strada per superare la resistenza e migliorare la sopravvivenza a lungo termine.

Inibitori delle vie metaboliche
Gli inibitori delle vie metaboliche puntano a colpire alterazioni specifiche nel metabolismo del GBM. L’AG-881, un inibitore delle mutazioni IDH1/2, ha raggiunto fasi avanzate di sperimentazione clinica, dimostrando una riduzione dei livelli di 2-HG e una soppressione della crescita tumorale. Altri inibitori, come il CB-839, che colpiscono la glutaminasi, sono in fase di studio in combinazione con radioterapia e chemioterapia per migliorare l’efficacia del trattamento.

Terapie a base di nanoparticelle
Le nanoparticelle offrono un approccio innovativo per il trattamento del GBM, migliorando la somministrazione mirata dei farmaci. Le nanoparticelle d’oro rivestite di silice (AuNP-SHINs) hanno dimostrato di essere selettive nel colpire le cellule tumorali, ma hanno incontrato difficoltà a penetrare nel nucleo dei tumori a causa delle loro dimensioni. Ottimizzare le dimensioni delle nanoparticelle e sviluppare strategie per migliorare la loro penetrazione potrebbe aumentare l’efficacia terapeutica di questo approccio.

Combinazione di inibitori metabolici e terapie tradizionali
La combinazione di inibitori metabolici come la rapamicina e la doxiciclina o l’etomoxir con terapie tradizionali ha dimostrato un potenziale notevole nel ridurre la proliferazione delle cellule tumorali del GBM. Le combinazioni mirano a più vie metaboliche simultaneamente, aumentando l’efficacia terapeutica e riducendo la resistenza del tumore. Questi approcci potrebbero rappresentare una svolta nella lotta contro le forme di GBM resistenti ai trattamenti.

Inibitori della via PI3K/mTOR
Gli inibitori della via PI3K/mTOR, come l’eCF324, hanno mostrato promettenti risultati antiproliferativi in modelli preclinici di GBM. L’eCF324 ha dimostrato una forte efficacia, soprattutto se combinato con GDC0941, un inibitore pan-PI3K. Questa combinazione ha prodotto un effetto sinergico significativo, riducendo notevolmente la crescita delle cellule tumorali. Questo tipo di terapia offre nuove possibilità per colpire specifiche vie di segnalazione coinvolte nella crescita del GBM.

Nuovo inibitore della tirosin-chinasi
Il K905-0266 è un nuovo inibitore della tirosin-chinasi con potenziale per colpire sia le cellule del GBM che le cellule staminali tumorali (CSCs). Il composto ha ridotto la vitalità cellulare e aumentato i livelli di apoptosi, dimostrando efficacia nel ridurre la formazione di sfere tumorali, indicativo della sua azione contro le cellule resistenti alla terapia. Questo inibitore potrebbe quindi rappresentare un’opzione promettente per colpire le cellule tumorali e le loro controparti staminali.

Adenovirus Ad5-Ki67/IL-15
L’Ad5-Ki67/IL-15 è un adenovirus oncolitico che utilizza il promotore Ki67 per infettare selettivamente le cellule tumorali del GBM. Questo virus aumenta significativamente l’espressione dell’interleuchina-15 (IL-15), una proteina che stimola la risposta immunitaria contro il tumore. Nei modelli preclinici, ha ridotto la vitalità delle cellule GBM e ridotto la secrezione di VEGF, bloccando così l’angiogenesi (processo di formazione di nuovi vasi sanguigni). L’efficacia del virus è stata monitorata attraverso tecniche come ELISA per misurare IL-15 e VEGF, confermando la sua potenzialità come trattamento mirato.

Ibridi flavonoidi: 2-aminotiazolo
Una nuova serie di composti flavonoidi ibridi come il 2-aminotiazolo hanno dimostrato potenziale nel trattamento del GBM, grazie alla loro capacità di legarsi alla proteina Tau, che è sovraespressa in molti tipi di tumori cerebrali. Questi composti inibiscono la fibrillazione della Tau, riducono la migrazione cellulare e inducono la fissione mitocondriale. Questo approccio potrebbe rappresentare una nuova strategia per bloccare la crescita e la diffusione delle cellule del GBM.

Cellule CAR-T dirette contro il CD70
Le terapie con cellule CAR-T mirate verso l’obiettivo CD70 hanno dimostrato un potenziale significativo nel trattamento del GBM, soprattutto nei casi di recidiva. Il CD70 è sovraespresso nel GBM ricorrente e la sua riduzione mediante knockdown ha dimostrato di diminuire la tumorigenicità in vitro e in vivo. Le cellule CAR-T dirette contro il CD70 hanno migliorato i tassi di sopravvivenza nei modelli animali, evidenziando la loro capacità di indurre una risposta immunitaria robusta contro il tumore.

Radioterapia e TMZ
Il trattamento standard per il GBM include la resezione chirurgica seguita da radioterapia e temozolomide (TMZ). Tuttavia, queste terapie mostrano una limitata efficacia contro le recidive. Gli studi di profilazione trascrittomica su campioni tumorali ricorrenti hanno identificato geni coinvolti in processi angiogenici e immunitari come potenziali bersagli per l’immunoterapia, aprendo la strada a nuove combinazioni terapeutiche.

Ticagrelor: inibitore del recettore P2Y12
Il Ticagrelor, un antagonista del recettore P2Y12, ha dimostrato di ridurre la vitalità e la proliferazione cellulare in linee cellulari di GBM. Il trattamento ha inoltre aumentato l’autofagia, riducendo l’attività migratoria delle cellule tumorali. Questo approccio promettente potrebbe essere integrato nelle strategie terapeutiche per ridurre la capacità invasiva del GBM.

Anticorpo anti-OAcGD2 e TMZ
La combinazione di anticorpi anti-OAcGD2 e TMZ ha migliorato l’efficacia terapeutica nel colpire le cellule staminali tumorali del GBM, che sono particolarmente resistenti alla chemioterapia. Questa combinazione ha mostrato una significativa riduzione del volume tumorale e una diminuzione dell’espressione di marcatori delle cellule staminali tumorali, suggerendo un nuovo approccio per superare la resistenza alla terapia.

Vaccini dendritici contro il citomegalovirus (CMV)
I vaccini dendritici specifici per il CMV hanno mostrato risultati promettenti nel migliorare la sopravvivenza dei pazienti con GBM. In alcuni studi clinici, i pazienti trattati con vaccini CMV-specifici hanno registrato una sopravvivenza significativamente migliorata rispetto ai trattamenti convenzionali. Questo approccio immunoterapico potrebbe rappresentare un’innovativa soluzione per migliorare i risultati nei pazienti con GBM.

Veliparib, TMZ e radioterapia
La combinazione di veliparib con TMZ e radioterapia ha mostrato risultati limitati nel trattamento del GBM con promotore MGMT non metilato. Nonostante l’approccio sia sicuro e ben tollerato, non ha portato a un miglioramento significativo nella sopravvivenza rispetto alla terapia standard, indicando che sono necessarie ulteriori ricerche per ottimizzare la combinazione terapeutica.

Vaccino DCVax-L
Il vaccino DCVax-L, che utilizza cellule dendritiche caricate con lisato tumorale preparato partendo dal tumore fresco prelevato dal paziente durante l’operazione chiururgica, ha dimostrato di prolungare significativamente la sopravvivenza dei pazienti con GBM, mostrando una buona tollerabilità e una bassa incidenza di eventi avversi gravi. In uno studio clinico di fase 3, i pazienti trattati con DCVax-L hanno registrato una sopravvivenza globale mediana molto superiore rispetto al gruppo di controllo.

DFMO e AMXT-1501
La combinazione di difluorometilornitina (DFMO) e AMXT-1501 ha mostrato risultati promettenti nel ridurre i livelli di poliamine nei GBM. Questo approccio, che altera i metaboliti tumorali e aumenta i livelli di glutammato, potrebbe migliorare l’efficacia della terapia metabolica, rappresentando una nuova strada per trattare GBM attraverso la deplezione metabolica.

Inibitori della chinasi
La combinazione di inibitori della chinasi e induttori dell’apoptosi, come Venetoclax e AZD5991, ha mostrato forti sinergie nel trattamento del GBM, aumentando l’efficacia terapeutica. Tuttavia, è necessario monitorare attentamente la tossicità di queste terapie, poiché alcuni inibitori possono causare effetti collaterali cardiovascolari.

Sistema Voyager
Il sistema Voyager, una terapia basata su segnali a bassa frequenza, ha mostrato risultati promettenti nel trattamento del GBM recidivante, con una sopravvivenza mediana di sette mesi. Il sistema non ha causato eventi avversi gravi legati al dispositivo, rendendolo una potenziale opzione sicura per migliorare gli esiti terapeutici nel GBM.

Vaccinazione peptidica personalizzata (PPV)
La vaccinazione peptidica personalizzata ha mostrato risultati limitati nel migliorare la sopravvivenza globale nei pazienti con GBM recidivante. Sebbene alcuni sottogruppi di pazienti abbiano beneficiato della terapia, gli esiti complessivi non hanno raggiunto gli obiettivi primari dello studio, indicando la necessità di ulteriori ricerche per ottimizzare questo approccio.

Terapia virale oncolitica (OVT)
La terapia virale oncolitica (OVT) ha dimostrato un potenziale significativo per migliorare la sopravvivenza nei pazienti con GBM ricorrente. I virus oncolitici mirano selettivamente alle cellule tumorali, inducendo la lisi cellulare e stimolando una risposta immunitaria contro il tumore. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche, i risultati preliminari indicano che la OVT potrebbe essere un’aggiunta efficace al trattamento del GBM.

Proteina morfogenetica ossea 4 (BMP4)
La BMP4 ha mostrato di ridurre la capacità di auto-rinnovamento delle cellule staminali tumorali del GBM, promuovendo la differenziazione e aumentando l’efficacia delle terapie tradizionali. Questo approccio, che punta a ridurre la popolazione di cellule staminali tumorali, potrebbe migliorare l’efficacia della chemioterapia e della radioterapia nel GBM.

Campi di trattamento tumorale (TTFs) I campi di trattamento tumorale (TTFs) hanno mostrato risultati contrastanti sulla qualità della vita dei pazienti con GBM. Il trattamento comporta restrizioni nelle attività quotidiane per molti pazienti. Tuttavia, una parte significativa dei pazienti ha espresso la volontà di continuare con il trattamento, indicando che i benefici percepiti superano gli inconvenienti.

Le terapie emergenti per il glioblastoma mostrano un notevole potenziale, con diverse strategie innovative che hanno dimostrato efficacia. Dalla questa revisione della letteratura scientifica emerge che ci sono molte ricerche in corso. Il glioblastoma è veramente complesso da trattare ma tutte questi nuovi approcci ci fanno ben sperare in un futuro speriamo prossimo in cui il glioblastoma possa essere considerato guaribile o almeno cronicizzabile. Sono sempre più convinto che alla fine la soluzione non potrà che venire da una combinazione, un cocktail mirato di terapie adatte allo specifico glioblastoma del paziente che deve essere sempre analizzato geneticamente. Sono anche sempre più convinto che ci sia qualcosa di non corretto nell’attuale approccio alle sperimentazioni cliniche: per riuscire ad arrivare a fase 3 e poi sostituire le terapie tradizionali è necessario essere più selettivi nel reclutamento dei pazienti cercando di capire per quali pazienti il profilo genetico del tumore sia tale da fare presupporre l’efficacia della terapia. Mi rendo conto che tutto questo sia molto complesso da mettere in pratica ma sono troppi gli anni in cui la terapia standard non evolve e i risultati non migliorano significativamente: il vecchio detto a mali estremi, estremi rimedi dovrebbe essere applicato a una malattia complessa come il GBM portando a un diverso modo di fare ricerca, magari con l’aiuto dei progressi dell’intelligenza artificiale che sono molto promettenti.